Cosa c’è dietro il Parmigiano-Reggiano, il formaggio più amato e imitato al mondo: come nasce, come si produce, come si stagiona. E come il suo gusto unico e inconfondibile si lega, fin dal Medioevo, all’ambiente rispettato e protetto della Pianura Padana. Ha attraversato nove secoli, ha viaggiato per il mondo, ha perfino partecipato a missioni spaziali. Eppure, il Parmigiano-Reggiano si è mantenuto fedele alla sua terra d’origine. Alla sua identità e unicità.

Prodotto nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e parte di Mantova e Bologna, tra pianure, colline e montagne racchiuse tra Po e Reno, il prestigioso formaggio, insignito della Denominazione d’Origine Protetta, nasce ancora dove nasceva nel Medioevo. E come allora: secondo natura e sapienza.

Il Parmigiano-Reggiano si produce nei quasi cinquecento caseifici di oggi, come negli antichi monasteri benedettini e cistercensi. Stessi ingredienti, stessa tecnica, stessa cura artigianale. La miglior garanzia di tradizione è la sua naturalità. «È un prodotto che si fa senza additivi e senza conservanti da 850 anni», spiega Giuseppe Alai, presidente del Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano. «Nella sua produzione, non interviene alcun trattamento di natura tecnologica né chimica».
Il celebre formaggio, dalla tipica struttura finemente granulosa, dal sapore e dall’aroma inconfondibili e dalle numerose qualità nutrizionali, dall’alta digeribilità all’elevato contenuto di proteine, vitamine, calcio e sali minerali, è regolamentato da un rigoroso Disciplinare di produzione, depositato presso la Comunità Europea. Che ribadisce regole antiche e mai mutate. A partire dal latte delle bovine allevate nella zona tipica, che «deve essere prodotto attraverso un’alimentazione a foraggio locale, costituito soprattutto da erba medica, e da mangimi concentrati a base di cereali nobili, quindi, solo mais e orzo».
Anche il sistema di lavorazione, affidato alle mani esperte e sensibili dei casari, deve avvenire secondo determinati crismi perché il prodotto possa fregiarsi dell’ambito titolo di “Re dei formaggi”. «Ogni notte, il latte della mungitura serale viene lasciato riposare in ampie vasche, nelle quali affiora spontaneamente la parte grassa, destinata alla produzione di burro. Insieme al latte intero della mungitura del mattino, il latte parzialmente scremato della sera viene versato in caldaie di rame a forma di campana rovesciata, con l’aggiunta di siero innesto, ricco di fermenti lattici naturali ottenuti dalla lavorazione del giorno precedente, e di caglio animale. Nient’altro».
Produzione Una volta coagulato il latte (ne servono 16 litri per fare un chilo di Parmigiano-Reggiano), la cagliata viene frammentata in minuscoli granuli, grazie a un antico attrezzo detto “spino”. A questo punto del “rituale”, ecco il fuoco: dopo una cottura che raggiunge i 55 gradi centigradi, i granuli caseosi precipitano sul fondo della caldaia, formando un’unica massa. Questa, dopo circa cinquanta minuti, viene estratta con abili movimenti dal casaro e tagliata in due parti. Ciascuna metà, avvolta nella tipica tela, viene immessa in una fascera cilindrica che darà al formaggio la sua forma definitiva.
«Con l’applicazione di una placca di caseina, ogni forma è contrassegnata da un numero unico e progressivo che l’accompagnerà come una carta d’identità. Dopo poche ore, una fascia marchiante incide sulla forma il mese e l’anno di produzione, il numero di matricola del caseificio e la caratteristica scritta a puntini su tutta la circonferenza».
A distanza di pochi giorni, le forme vengono immerse in una soluzione satura di acqua e sale. «Semplice sale da cucina. Nient’altro». Una salatura per assorbimento che, in poco meno di un mese, conclude il ciclo di produzione e apre quello della stagionatura.
Nel silenzio dei magazzini, le forme riposano su tavole di legno per almeno un anno. La stagionatura minima, infatti, è di dodici mesi. È a questo punto del loro cammino, che si può dire se diventeranno Parmigiano-Reggiano. Gli esperti del Consorzio le esaminano, una per una, attraverso la battitura con il “martelletto” e l’analisi olfattiva con un ago a vite detto “goccia”, e dopo la verifica dell’organismo di controllo, applicano il bollo a fuoco su quelle che hanno passato l’esame. «Per i consumatori è la fase più importante: è il momento della selezione e certificazione del prodotto».
Sul formaggio avviato subito al consumo, che si chiama “mezzano”, vengono incisi solchi paralleli per renderlo riconoscibile, mentre sul prodotto che continua a essere affidato alle cure del tempo, un sistema di bollini colorati aiuta, una volta nei punti vendita, a individuare il grado di stagionatura. Che potrà egregiamente superare i 30 mesi.
È così che il Parmigiano-Reggiano giunge sulle nostre tavole, con una ricchezza incomparabile di sostanze, gusti e profumi. Un sovrano che può avere età diverse, ma la stessa saggezza: mettere d’accordo qualità e palato.
Mariagrazia Villa

Fonte: http://www.italian-food-lovers.com

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