La crisi legata al latte colpisce anche i settori ad esso collegati. Quello della Pastorizia è probabilmente quello maggiormente colpito dalla crisi economica che ha investito il nostro paese. Le cause di questa situazione sono da ricercare in una cattiva gestione della filiera ed uno scarso interesse verso questo settore che è composto da 70mila allevamenti italiani dove vengono allevate quasi 7 milioni di pecore.

Per la prima volta i pastori italiani si sono dati appuntamento a Roma per una grande manifestazione organizzata davanti alMinistero delle Politiche Agricolecon l’obiettivo di portare le loro testimonianze sulla drammatica situazione in cui verte tutto il settore pastorizio.

A coordinare la protesta a Roma c’è la Coldiretti . Sono già un migliaio i pastori giunti a Roma dalla Sardegna, Lazio, Toscana, Sicilia, Umbria e da altre Regioni italiane per manifestare davanti del Ministero a sostegno della piattaforma presentata dalla Coldiretti, rappresentata dal presidente Sergio Marini che presenterà il rapporto sullo stato d’arte del settore. La crisi derivata dalle famigerate “quote latte” ha colpito il settore della pastorizia italiana in maniera importante, causando un calo del 30% sul numero totale dei pastori in Italia.
I numeri della Coldiretti. A Roma per difendere un patrimonio economico, sociale, ambientale e culturale unico del Made in Italy . I ritardi e le debolezze sul piano istituzionale – denuncia la Coldiretti – stanno lasciando spazio a comportamenti speculativi a livello industriale che mettono a rischio la stabilità sociale di interi territori. In Sardegna, dove si produce quasi la metà del latte di pecora, che – spiega la Coldiretti – vengono riconosciuti agli allevatori 60 centesimi di euro al litro ben al di sotto dei costi di produzione e su valori inferiori del 25 per cento rispetto a due anni fa, mentre la carne di agnello deve subire la concorrenza sleale delle produzioni estere che vengono spacciate come nazionali per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine a differenza di quanto avviene per la carne bovina.
La protesta di Roma. I pastori porteranno il frutto del proprio lavoro con tutti i diversi tipi di pecorino prodotti nelle diverse regioni e ci sarà anche la presenza di una rappresentanza delle sette milioni di pecore italiane a rischio di scomparsa. Infatti da ogni pecora si ottiene circa un litro di latte al giorno, che viene sottopagato fino a circa 60 centesimi al litro, mentre solo i costi di allevamento si avvicinano all’euro. Tutto questo rende insostenibile l’allevamento di ovini in Italia e rischia di creare nuovi disoccupati per lo Stato italiano. La prima regione di allevamento in Italia è la Sardegna con 3 milioni di quintali, Sicilia con 700mila quintali, il Lazio con 600mila, la Toscana con 500mila.
Le proposte. Valorizzazione dell’agnello italiano; identificare le diverse tipologie in Italia con un sistema obbligatorio di regolamentazione tramite etichette che dia la possibilità al consumatore di distinguere e scegliere consapevolmente il prodotto italiano da quello proveniente da paesi terzi. Nuova regolazione dei Piani di sviluppo rurale (Psr) in modo da ottimizzare alcune fasi della categoria come lo stoccaggio e l’accesso al credito. Investimenti nelle energie rinnovabili in modo da abbattere i costi energetici impiegati dagli allevamenti. Incentivare una nuova politica di filiera corta, in modo da contenere i costi al consumo e al tempo stesso non gravare sui produttori diretti.
Salvare i pastori non è una questione di romanticismo, ma una necessità per il settore agricolo-alimentare in Italia se si vuole garantire il tanto inflazionato Made in Italy.
REDAZIONE
 

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